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“Per capire scientificamente l’omeopatia, bisogna avere un approccio trasversale” – Intervista con il professor Marc Henry [parte 2]

Seconda parte dell’intervista al Professor Marc Henry che, dopo aver spiegato i meccanismi e le specificità dell’omeopatia, condivide alcune riflessioni sul mondo scientifico oggi e sulla sua visione in merito al futuro dell’omeopatia. Buona lettura!

Equipe MonHoméoMonChoix [MHMC] – In che modo il suo percorso scientifico multidisciplinare (chimica, fisica quantistica, biologia …) è stato un punto di forza nelle sue ricerche sull’omeopatia?

Professor Marc Henry [MH] – La scienza attuale non è veramente trasversale. Oggi assistiamo addirittura a un’esplosione di dispute sempre più parcellizzate. Nel Medioevo e prima di Galileo, nella scienza esisteva la trasversalità: potevamo essere matematici, fisici, chimici, biologi… e persino astrologi! A quel tempo, c’era una vera trasversalità.

Ma la scienza moderna ha creato le discipline, e ora gli scienziati si distinguono in biologi, chimici, fisici, psicologi… Il problema sta proprio nel fatto che queste persone non si parlano, non si scambiano informazioni. Siamo in una società in cui tutti sono iper-specializzati.

L’esempio più eclatante è quello che succede in medicina: ci sono tanti medici specializzati quante sono le parti del corpo. Questi medici però non si parlano tra di loro. Ritengo che ci si debba opporre all’iperspecializzazione della medicina. Io non ho voluto percorrere la strada dell’iperspecializzazione, semplicemente perché non riuscivo a sopportare di non capire.

 

Io non ho voluto percorrere la strada dell’iperspecializzazione, semplicemente perché non riuscivo a sopportare di non capire.

 

Sono sempre stato curioso per natura: infatti, quando mi trovo di fronte a un argomento che non conosco, o non capisco, tendo a voler scavare in ogni suo aspetto per coglierne tutta la complessità. A questo scopo, mi metto a studiare le discipline a cui l’argomento è collegato. Così ho fatto quando ho cominciato a interessarmi all’omeopatia. Ma se volevo capire questa terapia, non potevo rimanere confinato al mio punto di vista di chimico. Dovevo rivolgermi anche alla biologia, alla fisica quantistica… insomma, dovevo diventare trasversale.

Questa trasversalità non mi è stata consentita dalle istituzioni che, invece, hanno fatto di tutto per confinarmi nella mia casella di chimico, senza che potessi aprirmi per confrontarmi con i colleghi fisici o biologi. Una volta che siamo incasellati, è più facile valutarci ed etichettarci. Se invece un ricercatore inizia a studiare diverse discipline, diventa difficile valutarlo.

Oggi gli scienziati sono spinti alla specializzazione. Ma se ci specializziamo in una disciplina, perdiamo la possibilità di comprendere l’omeopatia in tutta la sua peculiarità e complessità. L’omeopatia si rivolge all’essere nella sua interezza, che non è governato interamente dalla chimica, ma da numerosi altri fattori; da questo deriva l’esigenza di trasversalità.

 

 

[MHMC] – Proprio questa mancanza di trasversalità da parte degli scienziati odierni è forse causa dell’errata comprensione dell’omeopatia?

[MH] – In effetti, all’origine di questa errata comprensione ci sono due fattori. C’è naturalmente il fatto che le persone non sanno cosa si fa nelle altre discipline. Quando abbiamo una visione molto ristretta di un argomento, per capirlo, tendiamo sempre a usare la nostra specializzazione. Ma se la spiegazione si trova in un’altra disciplina, difficilmente troviamo la voglia di approfondire questa traccia, per comprendere appieno l’argomento.

Il secondo fattore all’origine dell’errata comprensione proviene dall’ego dell’essere umano, che tende sempre a cercare di valorizzare se stesso. Quando hai una tesi, quando sei un esperto di laboratorio, quando sei di fronte a un pubblico, non puoi commettere errori altrimenti perderesti credibilità. Quando il ricercatore ha un elevato livello di competenza, tende a voler dimostrare di avere sempre ragione, per non ammettere di avere una conoscenza limitata di certi settori. Quando invece siamo trasversali, non abbiamo questo problema. Siamo in grado di leggere le pubblicazioni che si occupano di omeopatia, che si tratti di ricerche biologiche, chimiche o fisiche, perché siamo stati formati per leggere e capire i dati che vengono presentati.

 

 

[MHMC] – Come vede il futuro dell’omeopatia?

[MH]  – In Europa, il futuro dell’omeopatia mi sembra complicato. In compenso, nei Paesi in via di sviluppo la medicina convenzionale ha costi proibitivi per la maggior parte della popolazione. In India, per esempio [un paese con più di un miliardo di persone], 400 milioni di persone fanno ricorso all’omeopatia perché si tratta di una terapia più economica, ma anche in generale più vicina alla loro cultura e al loro approccio medico ancestrale.

Anche se l’omeopatia è nata in Europa, grazie al lavoro di Samuel Hahnemann, medico e padre fondatore dell’omeopatia[1], oggi è diffusa in tutto il mondo. I paesi emergenti non nutrono pregiudizi nei confronti di questa opportunità terapeutica. Comprendono l’azione e i risultati che si accompagnano al funzionamento dell’omeopatia.

Non appena 2 miliardi di persone si cureranno con l’omeopatia e faranno conoscere le prove della sua azione, le altre popolazioni avranno più facilità ad accettarla. Sono fiducioso che alla fine l’omeopatia tornerà da noi, grazie alla sua ascesa possente nei paesi emergenti, per i quali questa medicina è una necessità.

 

Non appena 2 miliardi di persone si cureranno con l’omeopatia e faranno conoscere le prove della sua azione, le altre popolazioni avranno più facilità ad accettarla. Sono fiducioso che alla fine l’omeopatia tornerà da noi, grazie alla sua ascesa possente nei paesi emergenti, per i quali questa medicina è una necessità.

 

E poi tutti sappiamo che la natura è sempre costituita da elementi incontrollabili: una piccola azione può migliorare una situazione che ritenevamo perduta…

 

 

[MHMC] – Qual è la sua visione dell’industria farmaceutica di oggi?

[MH] – Siamo passati da un’epoca in cui bisognava curare in massa e rapidamente le popolazioni, a un mondo in cui dobbiamo capire perché e come funziona un medicinale. Per questo, la medicina moderna investe enormemente nella ricerca. Lo sviluppo di un medicinale significa l’investimento di miliardi di euro.

All’inverso, gli investimenti nella ricerca in omeopatia sono meno corposi: il progetto DynHom, per esempio, non ha avuto lo stesso sostegno finanziario. Eppure, abbiamo evidenziato l’azione concreta della dinamizzazione.

Oggi abbiamo bisogno di ricerca fondamentale, di persone che si impegnino nel progetto DynHom per evidenziare l’importanza dei risultati della ricerca in omeopatia.

 

Oggi abbiamo bisogno di ricerca fondamentale, di persone che si impegnino nel progetto DynHom per evidenziare l’importanza dei risultati della ricerca in omeopatia.

 

Perché questo accada, però, è necessario un sostegno finanziario e non potrà venire dallo Stato. Dovrà venire da chi opera nel campo dell’omeopatia.

 

 

[MHMC] – Lei è un uomo di ricerca, cos’è che ancora oggi la stimola e la appassiona?

[MH] – Penso di aver fatto il mio lavoro mettendo in evidenza un modello teorico scientifico per l’omeopatia. Abbiamo compiuto esperimenti per studiare i trattamenti omeopatici. E l’omeopatia non è più una scienza oscura, come alcuni vogliono ancora lasciarci credere.

Oggi, il mio interesse verte sulla questione della vibrazione, ma questa volta legata alla musica. La nostra società ha fatto in modo che suoni e immagini siano collegati. Se però possiamo smettere di vedere un’immagine, non possiamo impedire che un suono, con la sua vibrazione, penetri in noi. Numerosi esperimenti sono stati condotti su questo argomento, in particolare sulle piante, per studiare gli effetti del suono sugli organismi viventi.

Mi interessa quindi il ruolo del suono in ambito terapeutico, in particolare nell’agricoltura… Per l’agricoltura abbiamo anche messo a punto un nuovo strumento che ci permetterà di dare risposte ai problemi di inquinamento delle acque.

Sono quindi numerosi gli spunti di ricerca e le domande che ancora mi appassionano e che vorrei esplorare.

 

Chi è il professor Marc Henry?

Marc Henry è stato insegnante, ricercatore e professore all’Università di Strasburgo, dove ha insegnato chimica, scienza dei materiali e fisica quantistica.

La sua formazione di chimico l’ha portato a interessarsi alla biologia, poi alla fisica e persino alla fisica quantistica. La sua tesi universitaria in Chimica era intitolata: “Application du concept d’électronégativité aux processus d’hydrolyse et de condensation en chimie minérale” (Applicazione del concetto di elettronegatività ai processi di idrolisi e condensazione nella chimica dei minerali), ed è stata discussa nel 1988.

Proprio quando pensava di averne svelato tutti i segreti, un articolo di Jacques Benveniste sull’omeopatia, pubblicato dalla rivista Nature nel 1988, ha capovolto la sua visione della scienza. Da buon scienziato e fruitore dell’omeopatia, il professore ha cercato allora di capire questo mistero scientifico.

 

“Ero felice di vedere che la scienza poteva essere applicata a questo ambito e mi sono posto come obiettivo di saperne di più”.

Il suo impegno nella ricerca ha portato alla pubblicazione di più di 100 articoli su riviste scientifiche. Questi articoli riguardano la ricerca scientifica sull’acqua, la chimica molecolare dell’ossido di titanio e l’applicazione della teoria dei quanti alla reattività chimica delle molecole.

Il professor Henry ha anche tenuto corsi di formazione per biologi, medici, veterinari e chiunque fosse interessato al funzionamento della cellula e, in particolare, al ruolo dell’acqua, della topologia e della fisica quantistica nei fenomeni vitali.

È anche membro onorario dell’associazione Natur’Eau Quant. Nel 2020 ha ricevuto il premio Alain Horwiller per il suo libro intitolato “L’homéopathie, la physique et la chimie des hautes dilutions” (Omeopatia, fisica e chimica delle alte diluizioni) e il premio Yves Lasne per la qualità del suo lavoro scientifico.

Ora in pensione, ma sempre altrettanto curioso, dedica il suo tempo alla comprensione dei processi vibratori del suono e della musica e dei loro effetti sugli esseri viventi.

 

 

Per leggere o rileggere la prima parte di questa intervista, cliccate qui.

 

 

[1] “Hahnemann pose les principes de l’homéopathie” Le Généraliste, 30 mai 2014, Lien :

https://www.legeneraliste.fr/actu-medicale/hahnemann-pose-les-principes-de-lhomeopathie-1