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Il ruolo dell’omeopatia nella cura del long covid – intervista alla dottoressa Hélène Renoux

La dottoressa Hélène Renoux, medico di base, omeopata, presidente della Société Savante d’Homéopathie (SSH)1 e membro del collettivo HoméoFrance2, condivide alcune riflessioni sul ruolo dell’omeopatia nella cura del long COVID. 

 

Il long COVID è una sindrome post-virale che si manifesta attraverso una serie di disturbi e sintomi che possono debilitare una persona sotto molti aspetti anche per parecchie settimane dopo la guarigione dall’infezione da SARS-CoV-2. La durata della persistenza di queste manifestazioni cliniche non sembra essere collegata all’intensità delle stesse durante la malattia: può succedere, infatti, che anche le persone che hanno avuto una forma lieve di Covid-19, sviluppino problemi a lungo termine. Dal momento che i meccanismi e le cause sono ancora sconosciuti, per cercare di alleviare il disagio e la sofferenza dei pazienti è possibile solo un trattamento dei sintomi osservati, senza che si intervenga sulla causa interna.

È un problema di salute pubblica in cui l’omeopatia può svolgere un ruolo cruciale.

 

Equipe MonHoméoMonChoix [MHMC] – Dott.ssa Hélène Renoux, può spiegarci cos’è il long COVID e quali sono i suoi sintomi principali?   

Dottoressa Hélène Renoux [HR] – I sintomi del long Covid si presentano dopo un episodio acuto di Covid-19. È come una convalescenza interminabile. In alcuni casi, ho notato che le persone recuperavano un certo benessere dopo la fase acuta, per poi mostrare una leggera alterazione delle loro condizioni generali di salute, meno grave dei sintomi iniziali, ma più duratura.

 

Il problema del long COVID è che porta, nel tempo, a una riduzione delle capacità dell’individuo, nella sfera professionale e personale.

 

Nel corso del tempo, siamo riusciti a individuare i principali sintomi del long COVID.

Tra i sintomi più spesso osservati, il primo è la fatigue.

È persistente, soprattutto sotto sforzo, anche se minimo. Questo disturbo è particolarmente evidente nelle persone che non avevano mai sperimentato questo tipo di stanchezza. Il più delle volte, si tratta di persone sportive o con una vita molto attiva, senza problemi di salute pregressi. Nella mia pratica quotidiana ho notato che, non essendo abituate a sentirsi stanche, queste persone sono le prime a evidenziare questa problematica. Questo esaurimento improvviso si ripercuote sulla loro vita quotidiana: non possono più correre su e giù per le scale, fare jogging, andare in palestra o, più semplicemente, condurre una vita attiva.

Il secondo sintomo preminente è la dispnea.

Questa dispnea da sforzo è difficile da quantificare. Quando la persona dispneica è nella fase di recupero, i risultati dei test di funzionalità respiratoria o della saturazione dell’ossigeno al polpastrello sono perfettamente normali, per poi crollare non appena la persona compie un nuovo sforzo.

Una paziente mi ha riferito, per esempio, di frequenti risvegli notturni per via di una forte sensazione di dispnea. Il solo fatto di girarsi, di muoversi nel letto, la svegliava e questa situazione ha finito per scatenare un altro sintomo: l’ansia. Era arrivata al punto di aver paura di addormentarsi.

Il terzo sintomo caratteristico è la sindrome ansiosa. Sorge quindi la domanda: si tratta di ansia vera e propria oppure di ansia indotta dalla stanchezza costante e dalla mancanza di fiato? La persona, già colpita dalla malattia iniziale, dal clima ansiogeno che la circonda, teme di “non uscirne più”. Come è noto, l’omeopatia è particolarmente adatta a trattare questo sintomo.

Ho identificato un altro sintomo particolarmente sensibile al trattamento omeopatico. Si tratta dei dolori articolari: mal di schiena, mal di spalla, dolore al ginocchio o all’anca. I pazienti mi dicono: “Mi sembra di essere invecchiato/a di 10 anni…” Questi sintomi, come gli altri, sono caratterizzati da una grande variabilità e sono indice di una condizione persistente, caratterizzata da numerose incognite.

Completano il quadro i disturbi del sonno (spesso anch’essi indotti da ansia, dispnea o dolori, sintomi spesso collegati tra loro).

Infine, i disturbi del gusto e dell’olfatto che fanno parte dei sintomi del COVID-19, possono comparire o ricomparire nel long COVID. Alcuni pazienti colpiti da COVID-19 avevano perso completamente il senso del gusto e dell’olfatto, soprattutto durante la prima ondata del 2020. Questo sintomo poteva durare mesi, causando un’importante perdita di appetito e, di conseguenza, di peso. Nei casi di long COVID, noto che di solito questo sintomo è parziale. I pazienti con long COVID percepiscono alcuni sapori, ma non altri. Sanno se stanno mangiando un cibo dolce o salato, ma difficilmente sono in grado di determinare il sapore dell’alimento. Credo che il sintomo più angosciante sia quello dell’alterazione del gusto, che si traduce, per esempio, nel percepire i sapori come se fossero esclusivamente salati o acidi.

[MHMC] – In base alle sue osservazioni, potrebbe dirci chi sono i pazienti affetti da long COVID? Ci sono persone che sono più a rischio?  

[HR] – Ad oggi, non siamo stati in grado di accertare chi siano le persone maggiormente colpite da questa sindrome. È una vera e propria roulette russa! Per esempio, non è detto che i pazienti che soffrivano di un’asma pregressa siano colpiti dalla dispnea nel long COVID. Per contro, non fumatori e sportivi si ritrovano da un giorno all’altro senza fiato al minimo sforzo. Siamo solo all’inizio dell’esplorazione di tutti i meccanismi e delle cause del long COVID.

[MHMC] – Come riesce a vedere il legame tra i sintomi osservati e il long COVID? Come si rapporta a ogni singolo paziente?  

[HR] – La diagnosi è puramente clinica. La combinazione di una serie di osservazioni mi porta a parlare di long COVID con un paziente: se è uscito dal COVID-19 e presenta anche dolori articolari, dispnea e stanchezza inspiegabile ci sono buone probabilità che ne sia affetto.

In questo caso, propongo a ciascuno dei miei pazienti di eseguire un check up – penso che dovrebbe essere prescritto sistematicamente – che prevede emocromo, ferritina, dosaggio del D-dimero, indicativi di un processo di trombosi in corso (perché sappiamo che questo è un rischio del COVID-19 e probabilmente del long COVID) e dosaggio degli anticorpi anti-COVID. Sembrerebbe infatti che chi sviluppa il long COVID abbia un livello particolarmente alto di questi anticorpi. In effetti, è possibile che la presenza di una risposta immunitaria eccessiva spieghi i sintomi del long COVID.

[MHMC] – Cosa può fare l’omeopatia per i pazienti con long COVID?   

[HR] – L’omeopatia è adatta nel trattamento del long COVID, poiché la diagnosi omeopatica si basa principalmente sui sintomi. L’eziologia (la causa) può far parte della diagnosi, ma se ne può anche fare a meno. Quando visito pazienti con long COVID, chiedo loro di descrivermi dettagliatamente i sintomi: come si presentano, come peggiorano, le sensazioni che provano, qualsiasi cosa sia insolito o curioso. Mi accontento di prescrivere una cura semplicemente in base a questi sintomi, senza sbilanciarmi sulla loro causa interna. Lavorando in questo modo, in omeopatia abbiamo sempre ottenuto risultati, a volte anche sorprendenti. In alcune persone affette da long COVID, sono riuscita a trovare un medicinale che le ha toccate molto profondamente. Una di loro mi ha raccontato che i sintomi per i quali mi aveva consultato erano migliorati, ma non solo.

 

L’omeopatia aveva anche agito, inaspettatamente e fortunatamente, su una sorta di tristezza e di malessere. Questa è proprio l’essenza e la filosofia del metodo omeopatico.

 

Noi, medici omeopati, non ci fossilizziamo su una diagnosi. Ci accontentiamo di raccogliere l’esperienza vissuta dal paziente, la prendiamo in considerazione e la trattiamo.

[MHMC] – Che conclusioni trae da questi mesi di osservazioni e domande sul long COVID?  

[HR] – Penso che sia forse prematuro trarre le prime conclusioni sul long COVID.

Sul piano medico è importante rimanere umili perché non padroneggiamo ancora la materia. Ho la sensazione di trovarmi di fronte a un nemico inafferrabile e furbo. Ogni volta che pensiamo di aver trovato una risposta o una soluzione, sembra che il virus la aggiri.

Come medici, bisogna essere aperti, osservare ciò che succede e adattare la propria risposta terapeutica a ciò che le persone ci raccontano. Non dobbiamo imporre una verità. La verità viene dai pazienti e dalla loro esperienza vissuta.

 


1 La SSH è l’organo rappresentativo dei medici omeopati francesi per l’insegnamento e per la ricerca [Nota del Traduttore].
2 L’associazione HoméoFrance è una rete pluridisciplinare che riunisce in un’unica piattaforma: pazienti, professionisti della salute, insegnati, ricercatori e industrie farmaceutiche. [Nota del Traduttore].